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Lo strumento principale nella lavorazione del vetro di Murano è il forno: ossia una camera chiusa, con pareti in materiale refrattario, provvista di aperture, dalle quali si estrae il vetro, a temperature di 1000 gradi centigradi. All'interno del forno è situato il cosiddetto "crogiolo", un recipiente in materiale refrattario, che contiene le materie prime mescolate tra loro. Per versare la miscela delle materie prime all'interno del forno viene utilizzata la "cazza da infornar", successivamente con la "cazza da missiar", uno strumento in ferro dotato di un lungo manico che termina con una sorta di cucchiaio, si trasporta il vetro fuso da un crogiolo all'altro, come ultima fase si utilizza la "cazza da traghettar", uno strumento a forma di pala che serve a levare dal forno il vetro già fuso e spostarlo in recipienti pieni d'acqua. Gli strumenti per la lavorazione del vetro di Murano sono caratteristici: lo strumento più conosciuto è la "canna da soffio", un tubo di metallo utilizzato per soffiare l'aria nella massa fusa appena prelevata dal forno. Ogni maestro ha i suoi strumenti personali che porta sempre con sé. Spesso vengono utilizzati anche degli stampi in legno o ghisa (aperti o chiusi), che si rifanno a una tecnica molto antica. Nel corso dei secoli all'interno della fornace gli strumenti per la soffiatura del vetro sono rimasti gli stessi, testimonianza dell'artigianalità e della tradizione che un prodotto in vetro di Murano racchiude ancora in sé[7]. Un vecchio proverbio di Murano dice: "Buoni strumenti sono utili, ma buone mani sono meglio", rafforzando la natura artistica del processo di lavorazione del vetro, che si basa sulla abilità dell'artigiano piuttosto che sull'uso di attrezzi speciali.

 

Bardella
Piccola asse di legno, legata ad una coscia del maestro (o ad entrambe), che serve per appoggiare la canna durante la lavorazione, poi sostituita da bracci dello scagno.

 

Borsella
Pinza di forma e dimensioni diverse utilizzata per svolgere operazioni di modellatura, strozzatura, taglio e decorazione del vetro caldo in lavorazione.

 

Canna da soffio
Tubo in ferro forato nel senso della lunghezza con una delle due estremità di forma leggermente conica. Viene utilizzato per prelevare il vetro dal crogiolo, per la soffiatura e la formatura dell'oggetto a mano libera o con l'uso di uno stampo.

 

Crogiuolo
Detto anche “padella”. È un recipiente in materiale refrattario (anticamente indicato come "tera" o "creda"), sito all'interno del forno, che contiene la miscela delle materie prime per la fusione.

 

Pontello
Asta di ferro pieno con la quale il maestro vetraio sostiene il vetro quando lo lavora nella parte attaccata alla canna da soffio.

 

Scanno o Scagno
È uno sgabello a tre gambe su cui siede il maestro vetraio. È un elemento caratteristico della lavorazione del vetro in area mediterranea. Da un documento risalente al 1313 è testimoniato che nella produzione vetraria europea, lo sgabello non è utilizzato, perché il maestro lavora in piedi.

 

Tagianti
Forbici, di varie forme, impiegate per tagliare il vetro in eccesso ancora caldo.

 

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Le lavorazioni a "Freddo" sono tutte le lavorazioni eseguite senza procedere alla completa fusione del vetro.

 

Conterie

 

Le "conterie" sono perline di vetro arrotondate o a spigolo vivo, ottenute con la lavorazione a "lume" sezionando tubicini forati tirati in fornace per una decina di metri. La canna vitrea non forata viene ammorbidita dal calore del fuoco che fuoriesce da un cannello, successivamente viene avvolta intorno a un tubicino metallico che conferisce alla perla la forma desiderata e infine decorata con l'utilizzo di vetro policromo. Le conterie si differenziano da quelle lavorate in passato che venivano chiamate margarite. La loro lavorazione fu introdotta a Murano nel XIII secolo da Cristoforo Briani e Domenico Miotti. Dai loro numerosi allievi nacque un'industria molto fiorente tuttora attiva.

 

Decorato a smalto

 

La tecnica del vetro decorato a smalto prevede l'utilizzo di composti colorati ottenuti con polveri di vetri bassofondenti opachi e trasparenti finemente macinati, applicati a pennello sulla superficie del vetro per realizzare un decoro che può assumere sagome astratte, vegetali o figurative. L'oggetto decorato viene successivamente sottoposto ad un ciclo termico che non supera i 500 °C, in questo modo il vetro applicato a pennello, rammollendo, aderisce in maniera permanente alla superficie del vetro di supporto. Questo tipo di tecnica ha origine orientale ed è stata introdotta a Venezia nell'ultimo decennio del XIII secolo con larga fortuna nel Rinascimento.

 

Millefiori

 

Con "millefiori" viene definita una canna forata o non forata che presenta al suo interno diversi strati vitrei concentrici di vario colore e forma, solitamente a fiore o a stella. L'elaborazione prevede come prima fase l'uso di stampi aperti che imprimono di volta in volta le diverse sagome a seconda di ciascun strato di diverso colore e successivamente la tiratura della canna lungo decine di metri. Un particolare tipo di canna millefiori è la rosetta, che risale al XV secolo caratterizzata da motivi a stella in vetro bianco, rosso e blu, a strati alterni. La canna millefiori viene generalmente tagliata in sezioni denominate murrine. I segmenti ottenuti da una canna forata, dopo essere stati molati, possono diventare delle perle. Mentre le sezioni non forate possono essere accostate e fuse al calore del forno così da confezionare piatti o ciotole e se fuse al fondo di una piccola massa emisferica di cristallo, dei pressacarte o presse-papier.

 

Molatura

 

La molatura è una tecnica, rimasta inalterata per molti anni, che permette di scavare il vetro e si effettua in diverse fasi. La prima fase prevede l'utilizzo di una ruota molto grezza costituita da carburo di silicio a grana "80", la seconda fase consiste nell'aggiustare l'incisione eseguita precedentemente con una ruota, sempre in carburo di silicio, ma di grana più fine "220", nella terza fase si agisce con la moltaura e la lisciatura dell'incisione attraverso l'impiego di una ruota in pietra arenaria naturale. Nella quarta ed ultima fase l'oggetto viene ripassato con una ruota in sughero impregnata da un impasto composto da pietra pomice ed acqua con lo scopo di lucidare l'incisione. A lavoro compiuto si procede a pulire e rendere l'oggetto brillante con una ruota di panno bagnata di ossido di cerio e acqua.

 

Specchio

 

Le origini dello specchio veneziano risalgono al Rinascimento. La lavorazione dello specchio si basa su una lastra di vetro, con una parte rivestita di alluminio o argento, che produce una immagine per riflessione delle figure che compaiono di fronte ad essa. Solo tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII vi fu la diffusione degli specchi di vetro con un rivestimento metallico e, col Rinascimento, Venezia e Norimberga diventarono dei rinomati centri per la produzione di tali oggetti. Nel XVI secolo il sistema più diffuso per rendere specchiata una superficie vitrea consisteva nell'applicare un sottile strato di metallo riflettente, spesso una lega (amalgama) di mercurio e stagno. Successivamente nel 1835 Justus von Liebig scoprì il processo chimico di rivestimento del vetro con argento ciò dette origine alle tecniche di produzione degli specchi odierne. Il procedimento consiste nello spruzzare, sotto vuoto, un sottile strato di alluminio o argento sulla parte inferiore della lastra di vetro ed attendere la reazione per elettrolisi. Lo strato metallico deposto sul lato opposto a quello riflettente viene ricoperto da una vernice a scopo protettivo.

 

Vetro fusione

 

È una tecnica antichissima, in cui rientra anche il vetro mosaico. Sezioni di vetro di diverso colore vengono accostate su una piastra di fibra ceramica e fuse in un forno elettrico in modo da ottenere un tessuto vitreo multicolore detto vetro mosaico o murrina. Sulla lastra vengono disposti lacerti o granuli di vetro di diverso colore che si fondono con il supporto vitreo di base. L'operazione può essere ripetuta più volte sovrapponendo i colori e creando un decoro tridimensionale.

 

Vetro murrino

 

Il vetro murrino è una tecnica tra le più antiche, si tratta di una seconda lavorazione che consiste in una piastra vitrea composta saldando con il calore tessere in vetro di diverso colore sezionate da canne policrome, la piastra in seguito viene modellata con l'utilizzo di uno stampo in argilla refrattaria e può essere ulteriormente modificata anche prendendo forma di vaso.

 

 

 

 

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Nelle lavorazioni a "Caldo", rientrano tutte le metodologie di lavorazione del vetro che richiedono la fusione della materia prima o degli scarti di precedenti lavorazioni:

 

Avventurina

 

Con il termine "avventurina" si descrive un vetro inventato a Murano intorno al 1620 che presenta avvolte nella massa, a prima vista, innumerevoli pagliuzze dorate, in realtà trattasi di minutissimi cristalli di rame. Il segreto della composizione dell'avventurina, detenuto nei secoli da pochi maestri vetrai, sta nell'aggiungere a fusione conclusa, appropriate quantità di materie prime come battitura di ferro, silicio metallico, carbone, fino a quando inizia a precipitare il rame metallico. Un lento ciclo di raffreddamento del vetro fuso provoca la separazione del rame metallico dal vetro di base. L'omogeneità della distribuzione dei cristalli di rame caratterizza la qualità dell'avventurina. L'origine del termine avventurina prende nome dalla definizione data dal vetraio seicentesco Giovanni Darduin: "la si dimanda venturina, et con ragione, perché sortisse più per ventura che per scientia".

 

Cristallo

 

È definito "cristallo" il vetro incolore e trasparente, decolorato con biossido di manganese, ottenuto con materie prime depurate. Fin dai tempi del Medioevo il cristallo è considerato il più pregiato vetro muranese. Il segreto della sua qualità sta nelle purezza delle materie prime impiegate, nell'uso di decoloranti, nella preparazione della miscela vetrificabile e nella condotta della fusione. Nella metà del XV secolo i muranesi proposero un vetro puro e incolore, che per la prima volta nella storia venne chiamato cristallo e successivamente venne riprodotto in altri paesi europei. A differenza del cristallo nordico, che presenta una alta concentrazione di ossido di piombo e che oggi deve sottostare a severi controlli relativi ai fumi derivanti dalla fusione, il cristallo muranese è un vetro sodico-calcico i cui componenti principali, oltre alla silice, sono l'ossido di sodio e l'ossido di calcio. Il cristallo sodico risulta molto adatto alla produzione di oggetti soffiati particolarmente leggeri che richiedono lunghi tempi di lavorazione.

 

Filigrana

 

È un vetro ottenuto con una tecnica decorativa a caldo, inventata a Murano nella prima metà del XVI secolo. Prevede l'utilizzo di bacchette contenenti fili lisci in "lattimo" o in vetro colorato. Se i fili nelle bacchette sono ritorti, o a spirale, la filigrana è detta “a retortoli” mentre se le bacchette sono incrociate la filigrana viene definita "a reticello" o "doppia".

 

Lattimo

 

Il lattimo è un vetro bianco opaco come il latte (da cui il nome), l'invenzione è datata nel 1450 circa a Murano con lo scopo di imitare la porcellana cinese giunta a Venezia, utilizzando come opacizzanti calcina di piombo e stagno. Nel Rinascimento e nel XVIII secolo il lattimo venne utilizzato soprattutto per la produzione di raffinati oggetti soffiati, decorati a smalti policromi. Nella lavorazione odierna gli agenti opacizzanti utilizzati sono caratterizzati da minuti cristalli di fluoruro di calcio e di sodio che si separano dal vetro fuso durante il raffreddamento. Questi cristalli risultano tanto più omogenei quanto più è elevata la concentrazione di ossido di zinco nella miscela. Simile al lattimo, da un punto di vista estetico, è il vetro smalto a base di arseniato di piombo, utilizzato soprattutto nella lavorazione delle perle e della filigrana.

 

Soffiatura

 

La soffiatura intorno alla metà del I secolo a.C. fu una tecnica che rivoluzionò la produzione vetraria, rendendo rapida ed accessibile la produzione di contenitori in vetro favorendone la diffusione anche presso le classi più modeste. L'origine della soffiatura avvenne nell'area siro-palestinese, inizialmente non esisteva una vera e propria canna da soffio bensì una canna vitrea cava che veniva chiusa ad una estremità permettendo la modellazione in quella zona in forma di boccetta, mentre nell'altra estremità avveniva la soffiatura generata dal maestro vetraio. In un secondo tempo l'oggetto modellato veniva staccato dal resto della canna vitrea. L'introduzione di una canna metallica rese più agevole il lavoro del vetraio ed ampliò la gamma produttiva.

 

Sommerso

 

Il "sommerso" è una forma di arte del vetro di Murano che presenta strati di colori contrastanti (in genere due), la tecnica prevede l'immersione di un soffiato di grosso spessore nel crogiolo contenente del vetro trasparente di altro colore ed egualmente di ampio spessore. La sovrapposizione di spessi vitrei trasparenti permette di ottenere particolari effetti cromatici. Il sommerso è stato sviluppato a Murano durante la fine degli anni trenta ed è stato reso popolare negli anni cinquanta da Seguso Vetri d'Arte, diretta da Flavio Poli. Questo processo è una tecnica popolare per i vasi, ed è talvolta usato per le sculture.